
16 Apr Una storia dall’Amaro in bocca!
Siamo il popolo degli “ aperitivi”, siamo i clienti “ dell’amazza caffè” , queste abitudini/tradizioni hanno delle fondamenta storiche molto radicate, curiose ed interessanti.
Già nell’antichità si utilizzavano preparati a base di alcool e radici per digerire i lunghi pranzi luculliani, basti pensare all’elisir di buona salute consigliato da Ippocrate, preparato con orzo, miele ed erbe aggiunte al vino, insomma il vero antenato dell’amaro.
Evidentemente anche all’epoca dei Greci che dei Romani per amaro si intendeva una bevanda ottenuta con piante officinali pestate e messe in infusione in una soluzione alcoolica.
Tradizionalmente le piante officinali più utilizzate sono quelle dalle riconosciute proprietà digestive; come la china dall’attività antibatterica, la genziana che ha la capacità di inibire lo Staphylococcus aureus, batterio responsabile delle infezioni cutanee o la corteccia di angostura dalla qualità anti tubercolotica.
L’uso del bitter come aperitivo e digestivo fonda le sue radici nella medicina ed ha secoli e secoli di storia alle spalle: nasce dalle tecniche alchemiche portate dagli Arabi, i maestri degli elisir; diventa prodotto dell’arte fitoterapeutica di monaci e farmacisti e, a metà dell’’800, è un piacere che conquista salotti aristocratici e gli avventori dei caffè. Già Caterina De’ Medici, ancora prima, era stata una delle più fervide fan altolocate di questo liquore a base di erbe e spezie. Secco o con ghiaccio, l’amaro continua a essere un best seller nei banconi dei bar come pre-dinner o after-dinner e oggi è uno degli ultimi trend della mixology: spopolano i cocktail che lo prevedono tra gli ingredienti.
Ma il segreto alchemico dell’amaro è fortemente legato all’uso di piante amaricanti, perché le piante amare sollecitano le papille gustative che attivando l’ormone della fame chiamato Grelina, determinano una maggiore attività dello stomaco e quindi la stimolazione dell’appetito e della digeribilità dei cibi consumati.
In Italia da secoli le ricette di famiglia dell’amaro vengono tramandate di generazione in generazione, arrivando ad oggi in cui troviamo tradizioni ben radicate in moltissime regioni d’Italia, dove le piante officinali tipiche di ogni territorio diventano le protagoniste, vedi le erbe balsamiche delle Alpi, la liquirizia della Calabria e via così.
L’Italia rimane ancora oggi il paese produttore con il più alto numero di amari nel mondo, spaziando dai vermouth ai liquori, rinnovandosi nei secoli oggi è utilizzato dai barman di tutto il mondo come ingrediente fondamentale della mixology.
Le sue diverse declinazioni hanno portato le aziende di liquoristica ad osare sempre più sino ad unire la tradizione brassicola a quella liquoristica facendo nascere amari al luppolo che si sono ritagliati una grande fetta di mercato, sono prodotti interessanti e versatili, una nuova arma nelle mani dei nostri professionisti del bancone, chissà cosa ci riserva ancora la potente capacità alchemica delle aziende Italiane, nell’attesa ci godiamo ciò che da secoli abbiamo.