
30 Apr Paki Renzullo, un viaggio infinito nell’arte del Mixology
Ero seduto all’angolo del bancone del PDT.
Avevo programmato tutto per questo viaggio, una stanza nel quartiere Little Italy, visite in punti d’interesse storico e culturale in giro per Manhattan, ma quella sera leggendo quel menu in un’atmosfera nuova e surreale tutto sarebbe cambiato.
Era il 2010, New York splendeva nella sua continua trasformazione e modernità, avevo cercato i Best Cocktail bar su Google e tra tante indicazioni primo in assoluto spiccava il” Please Don’t Tell – 113 St Mark, East village, “Speakeasy Bar with secret entranceway”.
Cosa diavolo voleva dire? Perché un’entrata segreta? Dovevo bere in quel posto pensai, tra un Margarita al Mango dolce e stucchevole e un Cape Codder sorseggiati, tra un negozio della Nike e un video di Christian Delpech che ancora una volta vinceva l’ennesima gara di Flair Bartending.
Entrai nel Crif Dogs, un postaccio da cinque dollari dove servivano mostarda e hot dog e proprio lì, nel bel mezzo dei tavoli una cabina telefonica, c’era l’entrata del miglior cocktail bar del mondo.
Piccolo, antico con animali imbalsamati sulle mura, musica anni ‘20 e un bartender con bretelle che versava con misurini, spremendo succo fresco di limone e versando gocce di bitter su sfere di ghiaccio.
Mi chiesi, “ma facciamo lo stesso lavoro o c’è qualcosa che non ho capito del Bartending?”
E la risposta fu proprio lì dinanzi a me con Jim Meehan (consiglio leggere il suo ultimo libro Il Manuale di J.M.), seduto all’angolo del sul bancone con in mano una lista di cocktail: PiscoSour, Old Fashioned con Bacon Fat wash, Lechuga , 21st Century ecc …
Da lì in poi, la mia vacanza sarebbe diventata un cocktail tour in giro per New York, tra speakeasy bar e craft cocktail, bottiglie di Gin e Bourbon mai sentiti e bartender che descrivevano le loro preparazioni Homemade ai clienti come se fossero degli chef.
Tutto era cambiato e pensai che anch’io avrei cambiato tutto!
Dall’approccio con i clienti alla tecnica, dalla ricerca alla conoscenza fino alla sperimentazione di ricette per me nuove, che facevano parte di un passato dimenticato da tutti.
Questo cambiamento, questa “rivoluzione”, questa smaniante ricerca di qualità prendeva il nome di “Mixology”.
A New York era già tendenza e da lì a poco tutto il mondo avrebbe rivisitato il ”Cocktail”.
Il Manuale del vero Gaudente, un libro per la prima volta pubblicato nel 1862 scritto da colui che è considerato il Deus del Bar, sarebbe stato il punto di partenza di tutta questa intermedia e nuova generazione di Bartender.
Jerry Thomas aveva già spiegato e regalato tutto alla comunità del Bar, ma proibizionismo, guerre, crisi economiche e mode varie avrebbe cancellato tutta la cultura lasciando la nuova generazione dopo 200 anni a bere birra e shot di Vodka, “stroppiando” classici con l’uso di prodotti di bassa qualità che trovavano consenso nell’unico posto dove il cocktail si era ripiegato in un unico contenitore, truccato con diversi colori e imbottito di zucchero: la Discoteca!
La lista dei mixologist che nell’ultimo ventennio hanno salvato il mondo del bere civilizzato è lunga.
Oggi il bartender deve lavorare con qualità, i locali sono cambiati, la clientela è più esigente e acculturata, il bere bene e ricercato è diventato accessibile per tutti e l’industria dell’alcool è al passo con quella che è definita la “Golden age” della miscelazione.
Bisogna studiare i prodotti, conoscerli e saperli vendere, bisogna conoscere tutti i grandi “Classici” e praticare tecniche di preparazione fondamentali per poter donare il giusto equilibrio al drink. Non parlo della sola shakerata o di una mescolata nello Yarai mixing glass perchè oggi il bartender usa cotture sottovuoto per aromatizzare le bevande, ridistilla, chiarifica, affumica, estrapola principi attivi da erbe e spezie, lavora il ghiaccio e sceglie il garnish vestendo il drink in bicchieri eleganti e innovativi.
La proposta della carta cocktail non può più essere banale, il menu va studiato con principi legati non solo al gusto ma anche ad un’attenta analisi dei costi; i drink devono essere sartoriali, ben curati e vi aggiungo anche un qualcosa che ad alcuni farà storcere il naso: “instagrammabili”(ve ne parlerò in un prossimo articolo).
Il mondo del Bar è cambiato e continua a farlo nel migliore dei modi!
La formazione e studio oggi sono un passaggio fondamentale per iniziare questa magnifica professione.
Perche se ti formi, scegli, altrimenti credi di scegliere!
Paki Renzullo, Trainer dell’Area Mixology della Scuola di Formazione Ad Horeca